Se il conto è salato

saleSpazziamo via ogni dubbio: non stiamo parlando di soldi, ma di sale. Proprio lui, il sale, e con esso il sodio, che fa parte delle nostre abitudini senza che ci si domandi “quanto” sale è bene introdurre ogni giorno nel nostro organismo.

Gli studiosi di tutto il mondo sono ormai concordi nell’affermare che un eccesso di sale nell’alimentazione può essere causa dell’elevata mortalità per malattia cardiaca che si registra sulla terra. Un consumo eccessivo di sodio, infatti, causa ipertensione ed espone inoltre al rischio di osteoporosi, poiché il lavoro dei reni viene diretto verso una maggiore eliminazione del calcio.

Ma possiamo dire che il sale è nel nostro Dna. Facendo un passo indietro, infatti, vediamo che l’uso del sale risale a millenni fa. Lo usavano gli antichi egizi e poi fenici, greci, etruschi, romani… insomma, seguendo la storia del sale sembra di scorrere un manuale di storia delle scuole elementari. Il perché è facile: il sale è un conservante alimentare, il più facile da utilizzare e per popoli che abitavano sul mare, anche il più facile da reperire. E poi, meraviglia dell’epoca, dava alle pietanze un gusto forte, particolare, sconosciuto in natura (nessun cibo umano è salato allo stato naturale) e, inoltre, l’osservazione diretta aveva trasmesso che senza sale l’organismo umano si indebolisce. Quindi il sale era utile, gustoso e salutare. Talmente importante che venne usato anche come merce si scambio, una sorta di moneta (proprio da qui deriva la parola “salario”, per indicare la paga data a soldati e contadini con razioni di sale).

L’uso del sale per conservare il cibo o per condirlo, magari anche con “salse” particolari (altra parola che deriva da sale) si è protratta fino ai tempi moderni come alternativa al ghiaccio (il freddo è l’altro conservante naturale).

La nostra, a ben pensare, è la civiltà del sale.

Talmente tanto, ancora oggi, che ne consumiamo troppo. Decisamente troppo. In Italia, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la media giornaliera è di circa 10 grammi per persona, quando secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il tetto massimo di sodio che dovremmo ingerire non deve superare i 2 grammi, che significa 5 grammi di sale. (È bene ricordare, infatti, che sebbene nell’uso quotidiano si utilizzino le parole sale e sodio come sinonimi, è sbagliatissimo: il sodio è contenuto nel sale, a un grammo di sodio corrispondono 2,5 grammi di sale).

Il fatto è che noi pensiamo di ingerire poco sale semplicemente mettendone di meno nell’acqua della pasta, ma il punto non è solo quello. La nostra fonte di sale non è solo quella che aggiungiamo agli alimenti o che usiamo per cucinare, quantità rilevanti di sodio sono contenuti in molti alimenti già pronti, a partire dagli insaccati, le verdure in salamoia, i formaggi, gli inscatolati  per finire alle salse pronte. Per capirci, un etto di prosciutto crudo contiene circa 1,5 grammi di sodio e un etto di salame supera i 2: il che significa che non dovremmo aggiungere sale altrove se mangiamo questi cibi. E attenzione, poi, agli snack, non solo quelli evidentemente salati come le patatine, anche merendine e biscotti ne contengono più di quanto pensiamo, come tutti i lievitati (per noi italiani, grandi consumatori di pane, anche questo pesa molto!).

In pratica, solo un terzo del sale che ingeriamo lo aggiungiamo noi, oltre la metà deriva dai cibi trasformati sia a livello industriale che artigianale, mentre solo un 10% è contenuto naturalmente negli alimenti. Occhio quindi alla lettura delle etichette nei cibi confezionati e abituiamoci a insaporire i cibi in maniera differente, con erbe aromatiche o spezie, o magari succo di limone e aceto, a seconda dei gusti e delle pietanze. Di possibili condimenti alternativi ce ne sono un’infinità e rendono i sapori molto più vari.

Un altro “trucco” per limitare gli effetti dannosi causati da un eccesso di sodio è assumere regolarmente il potassio, apportato soprattutto da frutta e verdura fresche o legumi. Ma mi raccomando, nel condirli, poco sale!

 

 

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